News - DIMINUZIONE DELLA PRODUZIONE DEL RISO IN ITALIA

Fissore - Macchine agricole e sgomberaneve a Cavallermaggiore
La risicoltura in Italia riveste da molto tempo una grande importanza: le testimonianze attestano che sono passati più di 500 anni da quando si è iniziato a coltivare il riso nella pianura padana, sono quindi oltre 500 anni di storia che si mescolano al patrimonio storico e culturale, costituendo una realtà sociale e produttiva unica, nonché fonte di lavoro per numerose famiglie. La produzione italiana si concentra soprattutto in Piemonte, Lombardia, Veneto e Emilia grazie al Po: il ruolo dell'acqua è fondamentale non solo per la sua funzione irrigua ma anche come volano termico. La presenza di questa coltivazione e di tutto il sistema irriguo che ne consegue, con rogge, canali, fossi e fontanili, permette di mantenere l'acqua per un lungo periodo dell'anno e anche in estate, quando di solito tende a ridursi in natura, permettendo di creare un importate ecosistema artificiale, utile per la salvaguardia della biodiversità, in quanto diventa rifugio per molte specie animali.
Secoli di esperienza hanno permesso all'Italia di diventare il primo produttore di riso in Europa, ma i produttori ricordano le difficoltà che vengono affrontate soprattutto a causa del meteo avverso. L'anno scorso, a dispetto di un aumento delle superfici seminate, la quantità di produzione totale in tonnellate è risultata inferiore rispetto alla media degli ultimi anni. Anche quando il raccolto parte sotto buoni auspici non si sa se il meteo accompagnerà senza alluvioni e grandinate oppure senza siccità, come quella molto grave dei primi mesi del 2022.
Tra le difficoltà anche i rincari di energia e materie prime e, come la Coldiretti ha voluto sottolineare, anche l'aumento di concorrenza sleale di Paesi emergenti in cui non vengono garantite le stesse condizioni di qualità e di rispetto del lavoro dell'UE: questo insieme di dinamiche ha fatto crollare la superficie coltivabile di ben 10 mila ettari.
Ettore Prandini afferma che per cercare di contrastare l'aumento dei costi di produzione bisogna lavorare con urgenza su accordi di filiera per volaorizzare le produzioni nazionali. A preoccupare non è solo l'economia e le famiglie coinvolte, ma anche la protezione della biodiversità e dell'ambiente: il settore conta circa 200 varietà iscritte nel registro nazionale, che vanno da quello che spesso è considerato il "re dei risi", l'arborio, al vialone nano, primo riso ad avere il riconoscimento europeo come indicazione geografica protetta, o il riso Roma e il balbo che hanno fatto la storia della risicoltura italiana.
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